Pioggia. Tanta pioggia. Ha piovuto intensamente tutta la notte.
Ci siamo alzati ed abbiamo deciso di aspettare che si placasse ma anche dopo aver fatto colazione, la situazione è rimasta la stessa.
La tappa prevedeva il passaggio del confine e l’entrata in Perù, irresistibile.
La voglia di partire ci ha dato la forza di affrontare la pioggia, ci siamo bardati a dovere, in stile “GhostBusters” a prova di goccia, a prova di qualsiasi scroscio d’acqua. Dopo la trovata delle scarpe con sacchetto di plastica di Filippo siamo passati al livello superiore con l’idea di una giapponese incontrata in viaggio: guanti da cucina in lattice.
Praticamente eravamo vestiti a tenuta stagna.
Siamo partiti grintosissimi e chiaramente, come da manuale, accompagnati dalla solita legge di Murphy, dopo pochi minuti ha smesso di piovere.
I gradi al di sotto della tuta da GhostBusters e dei guanti da Mastro Lindo sono arrivati alle stelle, un caldo micidiale, probabilmente al di sotto di tutta quella plastica avevamo l’aspetto di prugne secche, con la pelle vizza.
Abbiamo aspettato il confine, non troppo lontano, per spogliarci (operazione che ha richiesto non poco tempo) davanti a gruppi di asiatici, apparsi all’improvviso da dietro un bus, che ci hanno fatto un servizio fotografico.
Non vi sto a dire che dopo il tanto sospirato buon uscita dell’ufficio migrazione boliviano, fatti alcuni metri, ha ricominciato a piovere.
Abbiamo fatto finta di niente e l’emozione di arrivare in Perù ci ha fatto dimenticare per un attimo il fatto di essere bagnati ed infreddoliti.
Il passaggio dei confini è sempre un momento speciale.
L’arrivo in un nuovo paese significa tante cose e porta con se tante emozioni, la voglia di esplorare, nuovi paesaggi, nuovi cibi, nuove facce, nuove storie e nuove sfide..in questo caso speriamo anche meno pioggia e più sole.
Intanto abbiamo appreso, dal simpatico ufficiale dell’ufficio migrazione, che dopo il carnevale in Cile ed il carnevale in Bolivia inizia proprio adesso il carnevale peruviano ed è in pieno svolgimento la “Fiesta de la Candelaria”, sempre in onore della Virgen de la Candelaria de Puno. (Festa dichiarata Patrimonio Unesco nel 2014).
Carichi d’adrenalina per il nuovo timbro d’entrata in Perù ci siamo rivestiti da GhostBusters e ci siamo fiondati nella prima cittadina peruviana.
Non era certo una cittadina bella ma l’aria di festa e l’allegria della gente ci ha messo subito di buon umore.
Ci siamo fiondati verso la prima signora ingonnellata dietro al solito carrettino/cucina, serviva “Ceviche”, un piatto prettamente peruviano, si tratta di trota salmonata marinata in succo di lime e prezzemolo, servito con cipolla cruda, patata lessa o zucca e mais saltato. Una delizia.
La descrizione e la foto probabilmente non rendono bene l’idea della bontà di questo piatto.
Sembravamo impazziti, un sapore nuovo, fresco e leggero.
Lo abbiamo divorato con una ferocia tale che la signora ha avuto pena di noi, probabilmente sembravamo davvero due prugne secche affamate, motivo per cui ce ne ha offerto un altro piatto che, ovviamente, abbiamo accettato e divorato volentieri. Sembrava non mangiassimo da mesi.
Siamo partiti con lo spirito ricaricato, incuriositi dall’aria di festa e dalla strada che ci attendeva.
Non avevamo tanti km davanti ma ce la siamo presa con calma, sopratutto io perché le gambe non mi giravano granché e sentivo la bicicletta pesante, pesantissima ( a Filippo non succede mai😑) così con la solita scusa di dover fare foto e godere del nuovo paesaggio siamo andati adagio adagio.
Il panorama ci ha entusiasmato ancora di più, eravamo sempre lungo le sponde del Titicaca ma dal lato opposto di quello che avevamo fatto nei giorni precedenti, sul lato boliviano, completamente diverso.
Ad un tratto, d’improvviso il cielo si è aperto, ci siamo rispogliati, e la solita luce brillante sudamericana ha dato un tocco del tutto diverso al nostro lento scorrere sull’asfalto. Meraviglioso.
Dolci Colline rocciose circondate da fiori, di tutti i colori, gialli, blu e viola ovunque, pascoli di pecore e lama come macchie sui prati brillanti, il cielo con le sue tipiche nuvole batuffolose che sembrava un tutt’uno con il lago e cani da gregge grossi come le biciclette da cui difendersi ogni pochi metri, uno spettacolo pazzesco.
Ci siamo goduti talmente tanto la pedalata che ci siamo permessi di fermarci in un mercato del pesce, irresistibile, lungo la strada.
Tante donne, ognuna dietro ad una friggitrice diversa, con il lago alle spalle e tantissima gente seduta nelle panche di pietra che avevano difronte.
Non abbiamo resistito e con una fame famelica irrefrenabile, nonostante l’abbuffata di Ceviche, sull’onda dell’entusiasmo abbiamo ordinato una trucha fritta in due. Buonissima. Super buona.
Volevamo accompagnarla con una birra fresca ma non venivano servite bevande. Poi la signora, paciarosa e sorridente ci ha offerto una bottiglietta di plastica, conteneva un liquido marrone.
Ho chiesto cosa fosse e mi ha risposto: “pura agua”.
Credevo di aver capito male.
Ho richiesto cosa fosse.
La stessa risposta: “pura agua”
A quel punto la mia mente si è bloccata, appannata, la signora si è trasformata in una grossa pasticca di Ciprofloxacina, la pasticca mi parlava e mi porgeva la bottiglietta e per alcuni metri dopo aver ripreso la pedalata, con un educato rifiuto, ho continuato a vedere pasticche di Ciprofloxacina.
Il vecchio lungo la strada era una pasticca.
I bambini che ci salutavano dal bordo strada erano piccole pasticchine di antibiotico.
Anche Filippo era una grossa pasticca di antibiotico.
Abbiamo smesso di pensarci, Filippo è tornato Filippo ed abbiamo cambiato argomento sperando che fosse stata un’offerta di quello specifico mercato e che nei prossimi posti in cui mangeremo la “pura agua” usata sia di un altro tipo.
Il panorama tutto intorno ci ha aiutato a cambiare argomento in un battibaleno ed in pochi km siamo arrivati al nostro obiettivo: la cittadina di Juli.
Dicono sia la “piccola Roma del Sud America”.
Non posso dire che sia come Roma ma, probabilmente, è uno dei pochi posti in cui stanno tentando di mantenere le risorse artistiche al meglio, ci sono reperti archeologici importanti e chiese del XVI e XVII in buono stato.
La più affascinante è senza dubbio San Pedro, del 1560, tutta in pietra, nella piazza principale.
Siamo arrivati grintosissimi e ci siamo fiondati in un Ostello semplicissimo ma con lenzuola pulite, ci siamo sentiti come se fossimo entrati al “Plaza” di Juli.
Una doccia veloce e ci siamo dedicati alla scoperta di Juli.
Già da lontano avevamo sentito “rumori” di festa ed appena arrivati in piazza ci siamo divertiti e ci siamo lasciati coinvolgere dall’aria di festa. Musica e balli senza sosta.
Ci hanno spiegato che in città ci sono gruppi, clan o come dicono loro “club” che da generazioni sfoggiano i propri rampolli e le proprie bande musicali durante le feste di paese.
In antico le coppie danzanti erano casuali ed avevano un certo significato propiziatorio ma, adesso, le coppie danzanti sono per lo più coppie “comprometidas”.
Bello, divertente. Dal più piccolo al più vecchio qui sono tutti pronti a far festa, a ballare e sopratutto a dare importanza alla festa in corso e renderla un momento realmente speciale.
Abbiamo cenato e siamo andati a dormire con la sola voglia di svegliarsi l’indomani per affrontare la tappa successiva ed arrivare a Puno, una vera cittadina, sempre sulle sponde del Titicaca, sempre in festa.
Ci addormentiamo con il rumore della solita pioggia serale e con la speranza di non doversi vestire da GhostBusters nuovamente.
Hasta la vista amigos
Claudia y Felipe
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