16ª e 17ª tappa, La Paz-Tiquina 108 km / Tiquina-Copacabana 40 km

La Paz. Potremmo aprire un capitolo enorme su La Paz che, probabilmente, racchiuderebbe tutto il nostro pensiero sulla Bolivia, anzi forse La Paz stessa racchiude tutto ciò che è la Bolivia.

Una città enorme, spropositata, piena di edifici non finiti costruiti senza regole, ovunque, su ogni centimetro, è stato costruito qualcosa che non viene mantenuto affatto. Osservando la città dall’alto effettivamente è spettacolare perché, come dicevo, le costruzioni seguono il movimento del suolo a perdita d’occhio ma quando scendi e ti intrufoli nelle innumerevoli vie cittadine il discorso cambia.

Case brutte, non finite, tenute male e strade sporche. La sensazione di dispiacere è forte, qualcosa è andato storto, la nostra idea è che per accaparrarsi voti sia stata data la possibilità a tutti di costruire qualcosa senza alcun piano regolatore anche quando questi “tutti” non erano affatto pronti. Una corsa alla costruzione come status simbol che nessuno è riuscito a gestire, in più la crisi degli ultimi anni ha spinto i boliviani ad emigrare in cerca di lavoro e quindi tutte le città risultano vuote ed abbandonate rispetto al numero di costruzioni. Riuscite ad immaginare Le signore ingonnellate, con i loro fagotti sulle spalle, in centro a La Paz in una casa in mattoni non finita? Non lo so, è qualcosa che stona sopratutto se aggiungete il fatto che non hanno nessun tipo di organizzazione di gestione dell’acqua potabile oppure se c’è non funziona.

Insomma, a noi è sembrato tutto un controsenso, così come il “teleferico”, una funivia pazzesca, nuovissima di appena tre anni, che collega ogni parte della immensa città con un efficenza strepitosa. Raggiunge altezze Altissime. Permette di salire ai vari livelli della città con pochi centesimi e grande facilità, non sappiamo come facessero prima a muoversi in città senza perdere un polmone ad ogni salita. Tra la parte alta della città e la bassa ci sono 500 metri di dislivello in 1 km!

Siamo andati a vedere la famosa parte “ricca” di La Paz, lontanissima dal centro, talmente lontana che non sembra La Paz. Chissà se chi vive in quella zona sia mai sceso verso il centro, dalla funivia abbiamo osservato le Ville, alcune disabitate,chiaramente, ed abbiamo passato un pò di tempo tra le vie principali della zona, non sembra la stessa città. Una bella zona ma non è la Paz ed è solo una parte in cui le case sono state finite, 1/10 della città.

Ci domandiamo per aver fatto la funivia quante miniere siano state cedute perché banalmente, sono senz’altro serviti miliardi per queste teleferiche ultramoderne, forse, potevano essere usati per creare una rete fognaria “umana” o depurare le acque nere dei fiumi che passano dalla città ma, anche in questo caso, il dubbio che servissero voti è alto.

Per una volta ci siamo concessi di fare polemica, ogni tanto concedetecelo. Resta il fatto che la città, così come tutte le altre che abbiamo visto fino ad ora, si salva grazie alla carineria dei boliviani. Qui Sono sempre tutti sorridenti e dal venditore ambulante al negoziante non ce n’è uno che ci faccia sentire “turisti”, siamo tutti i benvenuti e trattati con amicizia e simpatia.

Abbiamo passato 3 giorni a La Paz e per riposare gambe e stomaco ci siamo innamorati di un ristorantino che è gestito da un ragazzo con madre italiana e babbo boliviano, ci ha raccontato un pò di cose sulle tradizioni dei boliviani che ci sarebbero sfuggite come, per esempio, il lancio di riso, petali e alcool sulle macchine, sui tetti delle case e nei propri campi. Al mercato viene venduto il “pacchetto” delle tre cose insieme, alcool, riso e petali ed in alcuni casi anche piccoli Lama essiccati che credo siano da appendere in casa, vanno a ruba!

Quando viene costruita una casa viene sotterrato il feto di un lama sotto la porta. Tutti questi riti sono in onore di Pachamama, la “Terra Madre”, la divinità che si prende cura di tutto e tutti intorno alla quale ruota la vita dei boliviani.

Nei giorni di Carnevale tutti questi riti acquistano ancora più valore, motivo per cui in città così come in campagna c’è molto fervore a tutte le ore del giorno e della notte.

Non sappiamo decidere se La Paz ci sia piaciuta o no. Ci dispiace dire di no ma dire di si ci sembra troppo rispetto ad altre città che abbiamo visto fino ad oggi.

Sicuramente è una città che va vista, va vissuta qualche giorno e va capita.

Leggendo la storia di questo stato infondo si capisce anche il perché sia così, uno stato che a volte ha preferito il carnevale alle battaglie per la definizione dei confini, che ha avuto la peggio con tutti, ha perso con tutti i paesi confinanti, ha perso confini ed ha perso miniere, ha perso l’accesso al mare e nonostante la loro fama poco positiva, i cileni così come gli argentini ne parlano malissimo, io vi dico che i boliviani a noi son piaciuti. Persone riservate ma disponibili, mai scorbutici e per niente avidi, probabilmente li abbiamo conosciuti nella settimana dell’anno in cui sono più felici in assoluto anzi nel mese perché qui il carnevale è lunghissimo e in ogni momento sono tutti pronti a fare festa.

Dopo la Paz ci siamo diretti verso il Lago Titicaca, il lago navigabile più alto al mondo, per metà fa parte della Bolivia e per metà del Perù con estrema curiosità e voglia di vedere le sue famose sponde.

Per uscire da La Paz abbiamo sfruttato la funivia, dato che eravamo nel punto più basso e dovevamo tornare a “El Alto”, sulla strada principale a 4.000metri.

Per uscire dalla città ci sono voluti 28 km, traffico, caos, bus carichi di gente che cercava di raggiungere le varie fiere e mercati, camion e auto in fibrillazione per il Carnevale, uscirne in bicicletta non è stata un vera passeggiata ma la strada è super piana, per la mggior parte in lieve discesa perciò perfetta per le nostre gambe riposate. La discesca quasi perenne del 2% ci ha permesso rapidamente di arrivare all’obiettivo: Huatayata.

L’idea era quella di fermarsi a Huatayata, distante circa 80 km da La Paz, per poi il giorno dopo raggiungere Copacabana. Quando abbiamo passato Huatayata ed abbiamo realizzato che non c’era assolutamente niente,nonostante la pioggia, abbiamo cambiato idea e continuato fino alla prima cittadina sulla sponda di Copacabana, dove vorremmo fermarci una notte.

Appena ci siamo avvicinati al lago l’atmosfera è cambiata, il paesaggio ha iniziato ad essere più verdeggiante, pascoli di mucche enormi ovunque e greggi di pecore a macchie sulle colline. Una luce brillante e sopratutto un riparo, dal diluvio che avanzava, in un ristorantino che ci ha servito un’ottima trucha= trota salmonata buonissima/eccezionale/deliziosa.

Credo che ci toglieremo la voglia di trucha perché qui va per la maggiore, la servono fritta, alla griglia o al vapore ed è sempre molto buona.

La strada ha iniziato a salire e salire per poi scendere vorticosamente verso un piccolo porticciolo da cui alcuni zatteroni in legno permettono di attraversare il lago per avvicinarsi a Copacabana.

Al dì là c’è una cittadina in cui tutti ci hanno detto esserci vari ostelli e locali per passare la notte. Felici e soddisfatti dopo 110km siamo saltati su uno zatterone ed abbiamo approcciato la ridente cittadina di Tiquina.

Aaaaaaaaaaa si

Si si si

Una chicca! Incastonata in verdi colline piene di alberi di eucalipto, il riverbero della luce sulle acque azzurre del lago rendeva tutto luminoso ed incantevole.

Eravamo felicissimi di aver fatto più km per avvicinarsi. Unico desiderio una doccia calda ed una cena sostanziosa.

Primo ostello chiuso.

Secondo ostello chiuso.

Terzo ostello chiuso.

Senza indugiare abbiamo chiesto ad un signore del negozietto sotto l’insegna ostello dove poter trovare il padrone dell’ostello e dopo aver bussato a varie porte in piazza lo stesso signore, mosso a compassione, si è dichiarato essere il padrone di uno degli ostelli e lo abbiamo convinto a farci pernottare.

Aveva un atteggiamento restio ma allo stesso tempo si vedeva che voleva aiutarci. Era molto dolce.

Quando abbiamo visto il posto, abbiamo capito la sua riluttanza.

Non so da dove partire con la descrizione di questo posto ma forse la cosa piu rilevante per cui lui stesso si sentiva a disagio era la mancanza di un bagno.

Mi spiego meglio.

Lo stabile si compone del negozietto a piano terra, un retro bottega con un letto e dei fornelli in cui vivono lui e la moglie ingonnellata ed al piano di sopra tre stanze con delle brande.

Questo significa che non hanno bagno in generale.

Il dolce padrone di casa ci ha dato la soluzione: una bottiglia di plastica divisa in due per i suoi bisogni; bagni pubblici dall’altro lato della piazza per me.

…..

Il sogno della doccia è svanito.

Il sogno di un letto comodo anche.

La possibilità di piantare la tenda del tutto infattibile causa pioggia e mancanza di giardini o spazi aperti.

Non abbiamo avuto scelta, niente doccia, niente di niente.

Abbiamo messo le borse in stanza e siamo andati a cercare bagno e cena.

In questa cittadina nessuno ha il bagno!!!

Tutti utilizzano i bagni pubblici.

Questa cosa è sconcertante, ma c’è poco da far polemica, il servizio di acqua pubblica non funziona e le persone si arrangiano come possono.

Pazienza.

Una trucha con riso e patatine fritte per cena e poi dritti a letto per svegliarsi il prima possibile e raggiungere la famosa Copacabana.

Sveglia presto, qualche biscotto per avere energia e dopo i primi metri il nostro riscatto.

Uno spettacolo della natura.

In pochi metri ci siamo scordati la nottata nel posto più assurdo e sporco della Terra. In pochi metri la bellezza assoluta di un posto intonso. Un lago che sembra un mare.

Abbiamo cominciato a salire ed abbiamo continuato per 40 km. Abbiamo toccato di nuovo i 4.400 metri di altezza con vista sul lago, mozzafiato.

La strada saliva alternando i vari versanti del promontorio, un verde brillante che si specchiava in un blu lucente e limpido, davvero incredibile. Non ci aspettavamo così tanto.

Siamo arrivati a Copacabana che si è aperta sotto di noi in un golfo grandissimo incastonato tra verdi pareti scoscese e terrazzate.

Un aspetto incredibile di questi promontori è che sono tutti terrazzati, tutti terrazzamenti precolombiani, ricoprono interamente le colline e le rendono ancora più affascinanti.

Copacabana non è una bella città ma ha conservato una chiesa in stile Moresco strepitosa, segno del passaggio degli spagnoli, e ci ha permesso di prendere un battello in mattinata per andare a scoprire la famosa Isola del Sol.

I boliviani sostengono che il Dio Sole sia nato da questa isola e vi assicuro che per la sua bellezza viene da crederci. Che ci sia lo zampino di qualche divinità per aver donato tanta bellezza?

Ci siamo arrampicati sulla cresta dell’isola e siamo rimasti senza fiato, anche un pò nel vero senso della parola dati i 4.000 metri di altezza, salendo lungo le mulattiere, tra le case delle persone che ancora la abitano.

Bello. Bellissimo.

Ripaga tutto.

Siamo stati tanto tempo senza linea, perciò in realtà La Paz risale già a tre giorni fa, domani ripartiamo da Copacabana e ci dirigeremo verso il confine.

Percorreremo la strada lungo il Lago dal lato peruviano, lato ovest.

Tra una zuppa di quinoa e una trucha vi salutiamo.

Claudia e Filippo

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