Il posto dove abbiamo dormito sembra una di quelle carceri con le celle su un’unica terrazza che da su un cortile interno, tutto piastrellato color rosso fuoco ed i numeri sulle porte scritti con il pennello.
Però, ad onor di cronaca, abbastanza pulito e sopratutto finalmente paghiamo con i bolivianos che rispetto ai pesos cileni ci permettono di rientrare nel budget.
Il Cile è super caro per quello che offre, oserei dire supercaricato, la Bolivia è onesta, offre un servizio che per noi Europei forse è impensabile ma con un prezzo onesto e bilanciato.
Qui pranziamo con 15 bolivianos in posti non turistici, ovvero, 1,50€ circa.
Dobbiamo senza dubbio rialzare il livello di guardia su frutta e verdura ma, sopratutto, niente più acqua se non rigorosamente quella della nostra bottiglia.
Huyuni finalmente è una città viva, vera e piena di persone.
Il mercato e tante strade piene di gente seduta a godere di un eccezionale sole improvviso. La cosa più bella sono le signore, le autoctone, vestite con gli abiti tipici della loro etnia, Aymarà o Quechua.
Hanno queste gonne con milioni di strati che gli danno l’aspetto di bambole finte, quando si muovono ondeggiano in modo particolarmente buffo ed essendo tutte più o meno alte uguali quando camminano in gruppo sono uno spettacolo da non perdere.
Hanno capelli neri scintillanti legati rigorosamente in trecce lunghissime trattenute in fondo da fili di lana e dei cappellini che ricordano quelli dei primi conquistadores spagnoli, la loro pelle è bruciata dal sole e le loro rughe circondano occhi piccoli e brillanti, più o meno brillanti come le rifiniture dei loro denti, hanno come una specie di profilo dorato sui denti.
Sono affascinanti.
Ho provato a fare qualche foto ma sono tutte molto timide e non mi piace stressarle, ho provato a rubare qualche scatto ma non sarà facile documentarle troppo, credo sia giusto così.
Il pomeriggio è trascorso velocemente e quando abbiamo visto che il famoso Salar de Huyuni era a soli 30km abbiamo deciso di fare una mini tappa il giorno dopo, per non fare avanti ed indietro.
Vicino al salar dicono esserci un villaggio, con ostello e ristorante.
La mattina dopo ci siamo fiondati, tutta piana! Da non credere, siamo andati a cercare il fantomatico ostello, il proprietario è il proprietario del museo del sale. Non aspettatevi un museo come intendiamo noi, Wilfredo ha un negozio per souvenirs ed in una stanza ha disposto delle sculture di sale, bellissime, ma non proprio pezzi da museo. Wilfredo è simpatico, ci mostra l’ostello ma ci dice di essere pieno, unica possibilità il dormitorio con 10 letti. Impossibile per noi.
La nostra problematica legata al dormitorio è che non possiamo lasciare le borse delle bici ed andarcene, il rischio scippo è troppo alto.
Chiediamo dove poter mettere tutto in un posto chiuso e lì, rullo di tamburi, l’illuminazione.. accampiamo nel capannone dove avremmo dovuto solo riporre le borse allucchettate. Geniale.
Un capannone fatto in mattoni di sale, circa 100 metri quadri con una temperatura ottimale causata dalle pareti in sale, chiusa con lucchetto!
Ci siamo cambiati, abbiamo chiuso tutto, contrattato con Wilfredo e ci siamo diretti al famoso Salar..
…le foto parlano da sole.
Arrivati davanti al Salar abbiamo caricato le biciclette su un camion anni 50 che ci ha permesso di oltrepassare l’acqua più alta.
Il Salar è un lago salato prosciugatosi millenni fa, coloro che vanno nel periodo secco lo possono attraversare a piedi, si presenta come una distesa bianca luccicante con fondo duro e compatto, circa 120 km quadrati. Chi, come noi, arriva durante il periodo delle piogge deve cercare i punti in cui l’acqua è più bassa così da poter godere dello spettacolo del riflesso, l’effetto specchio.
Semplicemente spettacolare.
Siamo tantissimi ma il lago è talmente grande che le persone si disperdono.
Ci siamo divertiti come tutti a giocare con la prospettiva perché non essendoci orizzonte, gli spunti per foto divertenti si sprecano.
Bello, bellissimo, il silenzio, il riflesso delle nuvole e poi credetemi il cielo qui ha un colore mai visto. Blu intenso cosparso da nuvolette che sembrano vicinissime, sembra di poterle toccare. La luce, una luce incredibilmente forte ed intensa che fa risplendere tutto all’ennesima potenza.
Il passaggio preso in auto ci ha permesso di godere di un pò di sole, tutto calcolato, la notte stessa infatti ha ripiovuto. Soddisfazione immensa.
Siamo tornati alla nostra suite imperiale, abbiamo cercato un posto per cenare, riso in bianco con pollo e patate lesse ed abbiamo conosciuto la signora Maria.
Una bellissima dentata semidorata e la voglia di scherzare. Gli abbiamo promesso che saremmo tornati per colazione e così abbiamo fatto, si è seduta con noi, ha scherzato sul fatto che non abbiamo figli mentre lei ne ha fatti ben 12, ha detto di non presentarsi di nuovo in Bolivia se non con minimo 2 figli, poi mi ha chiesto se potevamo portarla con noi ed abbiamo studiato il modo di legarla con le borse ma alla fine vista la stazza ha detto che potevamo portare sua figlia Angela, una bellissima ragazzina che per tutto il tempo ci ha fatto compagnia con un sorriso dolcissimo e con le sue domande curiose.
Insomma, eravamo nel niente, ma proprio nel niente eppure i nostri bei momenti li abbiamo vissuti.
Durante la notte sono arrivate almeno 10 auto, tour privati, una 50ina di persone che sono state bloccate all’entrata di Huyuni, erano tutti disperati, con poco cibo e si lamentavano del dormitorio in sale (a noi sembrava bellissimo), così con grande soddisfazione ci siamo diretti al nostro capannone, lontani dai rumori, lontani da tutto e tutti ma sopratutto rifocillati da Maria.
Questo è l’esempio del nostro viaggiare, non cerchiamo confort nè pretendiamo chissà cosa, cerchiamo persone come Maria che gestisce uno di quei posti truci che più truci non si può in cui i turisti non si affacciano neanche sotto tortura, non soffermano neanche la macchina davanti alla porta e che,invece, è un posto magico. Maria prepara manicaretti gustosi, fatti con amore, ci ha fatto anche assaggiare la torta che vendeva una ragazzina seduta all’angolo della strada, un caffe caldo con le nostre tazze personali e via, pronti per una notte in sacco a pelo a lume di candela.
Abbiamo tenuto due asce accanto al materassino e sprangato le porte ma, sinceramente, in un paese dove dormono tutti a porte aperte, la sensazione di pericolo è davvero inesistente.
Il Salar di Huyuni ci ha riempito gli occhi e riguardando le foto torna alla mente quella sensazione di immenso che nessun altro luogo ci aveva dato, non così.
Andateci, andateci, andateci.
Claudia E Filippo