Tarantole e tanto altro ancora! Phnom Penh – Crocicchio 150 km / Crocicchio – Skoun 91 km

Ormai siamo vicini alla meta importante di questo paese, Siem Reap dove faremo uno stop per visitare Angkor Wat che significa ‘il tempio della cittá’. Si tratta di un tempio voluto dalla dinastia Khmer, precisamente da Suryavarman II nella prima metá del XII secolo, si tratta di un grande complesso considerato uno degli edifici religiosi più grandi al mondo, patrimonio UNESCO dal 1992. Insomma, imperdibile.
Un esempio dello stile architettonico degli Khmer, dinastia che ha segnato la storia di questo paese fino a pochi decenni fa, non sempre in positivo.
La Cambogia è conosciuta per la sua ‘piattezza’ ma, così, esageriamo.
Durante il nostro pedalare a volte speriamo nei ponti dei canali per avere un pò del brivido da dislivello (certo non siamo mai contenti..credo sia un tipo di malattia del ciclista se piana vuole la montagna se ripida cerca la pianura..non lo so).
Partiti da Phnom Phem abbiamo calcolato che in 3/4 tappe arriveremo alla meta.
Uscire dalla città è stato facile, poco traffico mattutino, c’era molto piú traffico sui marciapiede dove decine di vecchini si esercitavano. Forse non ho mai detto che una caratteristica, bellissima direi, degli anziani da queste parti è quella di esercitarsi molto. Ognuno come può, chi in ciabatte, chi in pigiama, chi in tuta, chi scalzo. Tanti camminano all’alba, alcuni corrono oppure affollano gli attrezzi pubblici (quelli che in Italia arrugginiscono nei parchi). Ecco, quando siamo partiti era pieno. Un caldo umido pazzesco. Siamo partiti presto e con voglia estrema di pedalare.
Talmente estrema che, qui vorrei un rullo di tamburi emozionante come sottofondo, ho spinto la mia bici per ben 150 KM. Ripeto: 150 km.
Non so come sia stato possibile (probabilmente il mio orgoglio ferito dopo aver ceduto ed essermi fatta trainare per 10 km), dovevo recuperare.
Comunque, abbiamo spinto la bici su uno stradone dritto e liscio.
Bellissimo, un piacere, il rumore delle ruote è sempre affascinante.
Sole a picco ma venticello piacevole. Noi tre in scia a turno e via come schegge.
Ah giá, schegge interrotte dalla bucatura di Simone, segnamo sul tabellone un bel 2 per Simone, ricordiamo il 6 di Filippo e 0 io✌🏻
Tra l’altro ringraziamo ProBike che senza dirci niente ci ha fatto avere tramite Simone un sacco di camere d’aria in più che stanno risolvendo la situazione.
Che dire, grazie di cuore Riccardo, Gianni, Enrico e Marco SIETE FANTASTICI.
Dopo la breve interruzione siamo ripartiti grintosi.
Siamo arrivati rapidamente al punto in cui avevamo deciso di fare una pausa, luogo famoso per la cucina raffinata, deliziosa, invitante che fa rima con elegante: tarantole fritte. Con contorno di insetti, blatte, cavallette, larve ed i rinomati scorpioni, immancabili.


Ci avevano detto che fosse la cucina tipica, probabilmente lo è, in parte ma a noi, è sembrata semplicemente un richiamo per i turisti.
Un luogo dove si fermano tutti i bus, scendono orde di persone che arrivano, fanno la foto, magari assaggiano qualcosa e poi ripartono, con la convinzione di aver ‘vissuto’ qualcosa che in realtà ha poco di reale.
Siamo stati un pò al gioco, ci siamo fermati ed abbiamo girellato incuriositi dalle offerte culinarie. La cosa piú ‘attraente’ sono le ragazzine che tirano su dai secchi tarantole vive, grosse e pelose e te le appioppano addosso.
Forse abbiamo visto mangiare qualche blatta, è vero, ed anche le larve del cotone (in vietnam ne vanno pazzi) ma apparte quel parcheggio, a giro, se ne vedono ben pochi. Comunque, senza fare troppi discorsi, siamo stati al gioco e ci siamo divertiti qualche minuto tra tarantole e prelibatezze che abbiamo deciso di impacchettare e portare via come take away per ‘aperitivare’ in allegria all’arrivo. 😄
Un bel sacchettino con tarantole e scorpioni. Mancava lo spritz e sarebbe stato perfetto.
Siamo ripartiti.
Il paesaggio non regalava troppe emozioni ma l’errore fatale ci ha permesso di rivalutarlo. Sì, un altro errore. Mentre sfrecciavamo ci siamo accorti che la strada era sbagliata, un errore stupido fatto per distrazione ad un bivio ha fatto si che si sia allungato la strada di ben 20 km. La tappa inizialmente doveva essere di 100 ma avevamo previsto che non avremmo trovato niente e quindi c’era la possibilitá che si dovesse fare di più, con l’errore…abbiamo sforato alla grande.
Detto questo, studiando google maps abbiamo cercato l’alternativa per tagliare, qual’è la cosa migliore del buttarsi tra i campi e tagliare il tragitto? Nessuna.
Uno spettacolo.
Strada rossa, sole a picco, il termometro segnava 36 gradi eppure noi sembravamo nel mondo dei balocchi. Il paesaggio è assurdo, secchissimo, palme altissime disseminate tra distese di risaie secche affollate da mucche bianche giganti. Un silenzio surreale, in lontananza ogni tanto qualche campanaccio attaccato al collo delle mucche. Polvere, tantissima polvere. Una strada non proprio liscia, uno sterrato gradevole e villaggetti sparsi in qua e lá in cui perdersi e studiare questo popolo.


È strano perchè uno pedala km e km su stradoni dritti e circondato da cose che non si vedono!! Per questo odiamo l’idea di fare questi giri in auto o bus, perdi tutto. È questo il TUTTO di cui parlo sempre. Queste sono le cose che sfuggono ai giri turistici ma non alla bici. Abbiamo visto villaggi che sembrano abbandonati ma non lo sono. Abbiamo visto e toccato con mano il fatto che questo popolo sia davvero povero. Forse hanno palafitte e non capanne, questo fa si che diano l’impressione di ‘agio’ ma la realtá è tutt’altra. La vita nelle palafitte è uguale a quella nelle capanne.
Qui si coltiva riso e si allevano vacche, ma visibilmente molto magre.
I bambini girano scalzi e la pulizia, insomma ecco..ci siamo capiti.
Eppure anche qui, come in altri posti poveri, i sorrisi raddoppiano. Sorrisi belli e comunque sia spensierati. L’errore come al solito ha significato vedere una delle situazioni piú interessanti possibili.
Tornati sull’asfalto ci siamo scolati 1 litro d’acqua e di succo di canna da zucchero.
Ripartiti un pò provati ma sempre carichi ci siamo diretti verso un ‘crocicchio’ visibile su Google map, speranzosi di trovare qualsiasi posto per dormire.
Il crocicchio era l’obiettivo.
Dovrebbero scrivere un libro sui crocicchi. Sono luoghi interessanti i crocicchi.
All’apparenza un semplice incrocio ma in realtá luoghi mistici ed affascinanti.
Un crocicchio significa, nel nostro linguaggio: incrocio piccolo di un paese del terzo mondo.
Sottintende, nello specifico, la presenza di: cibo, acqua, possibile luogo per dormire, mercato, incontro di persone che vanno e vengono, presenza di polvere a secchi, traffico disordinato che magicamente svanisce dopo pochi metri, donne che attraversano senza una meta precisa, bambini che salutano, qualche ‘perso’ che parla al vento, qualche costruzione iniziata chissa quando e non finita, tir che rallentano, asfalto consumato ai bordi e tante, tanissime altre cose. Insomma un crocicchio racchiude un mondo che va vissuto. È un must.
Arrivati al crocicchio, dopo 150 km, non ci ha deluso, abbiamo trovato il posto truce per dormire, il posto truce per cenare con ratti simili ai gatti (altra razza animale di cui potremmo parlare in futuro), odore truce attutito dalla polvere che ottura le narici, insomma tutto nella norma! Ma, sopratutto, inspiegabilmente come in tutti i crocicchi il gelato confezionato..ovunque nel mondo su un crocicchio esiste un frigo nascosto con il gelato confezionato.
Ci è dispiaciuto lasciare il crocicchio, sopratutto dopo aver visto il mercato mattutino (truce). So che non mi crederete ma apparte gli scherzi e le ironie, a noi queste situazioni ci fanno impazzire. Sosteniamo i crocicchi del terzo mondo.


La tappa di oggi non è partita nel migliore dei modi, dopo la tristezza per l’abbandono del crocicchio Simone ci ha fermato per un problema alla catena. Abbiamo comprato una catena a 3 dollari ma non è servito, dobbiamo cambiare tutto il pacco pignoni, corone e movimento di centro. Perdita di tempo e di energie. Tra i km del giorno prima nelle gambe, lo spirito affievolito da una bici rumorante e non scorrevole, abbiamo tirato fino a ben 93 km. Avremmo voluto ributtarci nello sterrato ma il vento contrario e le gambe stanche ci hanno fatto desistere.
La cosa strana di questo paese è che apparte poche cittá e pochi luoghi (come il parcheggio con tarantole meta dei bus turistici che vanno ad Angkor Wat ) non esiste niente di turistico, nessun hotel e poche guesthouse, pochissime.
Abbiamo incrociato un tedesco in bici, un folle come noi, ci ha dato indicazioni su un posto possibile e ci siamo diretti senza indugi. La cittadina dopo sarebbe stata troppo lontana. Nessun crocicchio, purtroppo, una strada lunga con un solo posto in cui dormire. Tante aspettative sulla cena cadute rovinosamente. Un’altra cena truce. Ci ingannano con le loro pentole e pentoline, sembrano sempre pieni di cose per poi non soddisfarci. Frattaglie, fegatelli…un riso bianco con qualche fettina minuscola di…non lo so..e a letto.
Siamo soddisfatti perche con queste tappone, piu o meno obbligate, arriveremo in anticipo sul programma e potremo goderci Angkor Wat e riposare le gambe, tra l’altro chiuderei comunicando al mondo che anche Simone Calos si è stancato, crollato, il gigante è crollato.
Per chi lo conosce sa cosa possa significare , per chi non lo conosce…sappiate solo che stancare lui vuol dire mettere alla prova Filippo, uccidere me😄
Qualcuno si ricorda la sigla di Daitran III????!!
Ecco io vi saluto con quella sigla nella testa, con un sorriso.

Ciao a tutti
Claudia, Filippo e Simone

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