Ho un problema: troppe cose da raccontare. Nella mia testa si stanno affollando decine e decine di cose, emozioni, eventi, colori, parole e sopratutto IMPREVISTI che hanno reso questi due giorni intensi e coinvolgenti come non mai.
Provo cominciando da ieri l’altro notte. Come ho scritto nell’articolo abbiamo dormito in una città in festa, piena di gente festante, luci, colori e musiche. Dopo aver goduto di una buonissima zuppa con simil-tortellini ci siamo addormentati, come i polli, alle tristissime 21:30. Poi… Il boato..una bomba esplosa a poche centinaia di metri. Noi tre svegliati da un sonno profondo, intontiti e spaventati ci siamo guardati ed abbiamo realizzato…il TÊT! Con il cuore ancora accellerato dallo spavento ci siamo precipitati sulla terrazza ed abbiamo goduto in silenzio dei fuochi d’artificio che scoppiavano proprio sopra la nostra testa. Non saranno stati fuochi da competizione ma erano colorati, luccicanti, fontane di stelle scoppiettanti e lunghi, lunghi, lunghissimi. Ma la cosa più bella é stato il vedere le strade tutto intorno piene, gremite di motorini, macchine e biciclette ferme, tutto fermo. Si è fermato tutto come in un istante. Tutti a testa all’insú, hanno fermato le auto dov’erano, spento i motorini e son rimasti li. Fino alla fine, in religioso silenzio. Così, abbiamo avuto anche noi il nostro ultimo dell’anno. Quel bel momento in cui ti fermi ed in una frazione di secondo pensi a quello che è stato e sogni come sarà, dura poco, quello che basta, poi un sospiro di rito e tutto torna al presente. Siamo tornati nei letti soddisfatti ci siamo riaddormentati contenti pur se consapevoli che dopo sole 4 ore la sveglia e l’iperattivo Simone, ci avrebbero messo in sella.
Così é stato. Abbiamo iniziato a pedalare in una cittá addormentata, ancora dormiente dopo i festeggiamenti e con la speranza di trovare, dove necessario, qualcosa di aperto, ci siamo diretti a Long Xuyen, ultima tappa prima dell’entrata in Cambogia. La cosa caratteristica del delta del Mekong sono i villaggi costituiti da palafitte, il numero spropositato di canali con ponti e ponticini, frutteti e risaie verdi enormi ma sopratutto i mercati galleggianti. Tutti parlano e si dirigono verso il più famoso, quello conosciuto da tutti i turisti per le foto che girano sul web. Ci siamo trovati ad un bivio..allungare un pò la strada ma vedere il mercato galleggiante di Can Tho, con il rischio di trovarlo chiuso visto che era il primo dell’anno, oppure accorciare ed andare dritti alla meta. Sapete giá cosa abbiamo scelto quello che non sapete è che lo abbiamo davvero trovato chiuso e la strada per arrivarci è stata abbastanza deludente oltre che portatrice di una foratura per Simo.
(Aggiornamenti punti: Filippo 5 – Simo 1 – Claudia 0 👍🏻)
La cosa più tenera è stato vedere i nostri tentativi di tirarci su di morale, di trovare il lato positivo. Uno dei tentativi é stato quello di fermarci sotto un ponte per mangiare un Pho bho (zuppa di noodles), tutti contenti l’abbiamo presa come l’iniziazione di Simo ma ci siamo trovati a scappare alla ricerca di altro. Per la prima volta una zuppa non buona. Ci siamo buttati su delle baguette con dentro uova sode e qualcosa che sembrava carne di maiale. Buone, commestibili. Un chioschetto gestito da una signora che ci ha offerto anche qualche biscotto, senza essersi accorta che di nascosto ne avevamo gia rubati un paio, forse di piu, mentre era girata😂
Un po rigenerati di spirito ma non troppo fisicamente abbiamo capito che la giornata girava stranamente storta. Vento contrario, strade poco interessanti, siamo arrivati alla cittá dove avremmo dormito..desertica..tutto chiuso e nessun luogo che sembrasse un hotel. Una bella cittá, viali enormi, ben curati, festoni, negozi peccato che tutto fosse chiuso. Abbiamo dovuto cercare e portarci fin dall’altro lato della cittá per trovare tre hotel, uno davanti all’altro. Siamo entrati nel piu economico, per rispettare il budget giornaliero ed ecco di nuovo la stortaggine del giorno che ci ha perseguitato fino alla fine trasformandosi in una delle scene piu divertenti degli ultimi tempi. Davanti a noi un ragazzo, avra avuto tra i 20 ed i 30 anni. Alto, paffuto, con una uniforme molto seria, un sorriso stretto e due occhi piccoli e profondi.
Eravamo visivamente provati dai km, dal caldo, dalle sventure varie e dalla fame.
Siamo entrati io e Filippo, lasciando Simo a badare alle bici. Ci siamo avvicinati a lui ed abbiamo chiesto il prezzo di una standard e se potevamo vederla, dicendo che eravamo in tre. Siamo saliti a vederla, un loculo senza finestra. Siamo scesi Abbiamo chiesto una piu cara ma con finestra e siamo risaliti a vederla mentre Simo, accovacciato sul marciapiede, accudiva le bici cariche. Scesi nuovamente il ragazzo paffuto ci conferma camera e prezzo. A quel punto usciamo e portiamo le bici in garage, rientriamo io e Simo e ci dirigiamo a prendere le chiavi.
Il paffuto ci guarda, guarda la chiave, guarda le borse, guarda Simo, guarda me..qualcosa non gli tornava. Filippo si era trasformato in Simo, prendiamo le chiavi, smontiamo tutte le bici ed andiamo all’ascensore, nel frattempo arriva Filippo ed ecco che il paffuto interviene e ci ferma con un ‘oh nooooo’. Tre persone in una camera, nonostante i due letti matrimoniali no. Se solo avessimo potuto fargli un video per immortalare la sua faccia e registrare il suo: ‘oh noooo oh noooo oh noooo’. Lo ha ripetuto almeno 10 volte ed alla domanda: ‘perchè no!?’; ha continuato a ripeterlo guardando nel vuoto e fissando le chiavi ma sopratutto muovendo la mano in alto come tutti i vietnamiti. Il movimento consiste nell’agitare la mano destra in alto come un tamburello, lo fanno tutti anche senza emettere parola, significa No. Ha continuato ripetendo e scuotendo quella manina: ‘ oh noooo’. Ci siamo guardati ripetute volte tra il ridere e la voglia di piangere per aver smontato tutte le borse e l’idea di rimpacchettare tutto e con lui incantato come un disco. Non abbiamo capito se il problema fosse l’essere in tre, o se abbia pensato a qualcosa di malizioso non lo sappiamo. Fatto sta che abbiamo optato senza indugi per l’hotel davanti e gli abbiamo lasciato le bici ormai allucchettate nel garage.
Tra una risata e l’altra siamo crollati in un sonno profondo e ci siamo svegliati dai crampi della fame. Scesi la sorpresa, pieno di gente ovunque, tutti fuori a cena, tutti in piazza per un concerto con palco e bancarelle in cui ci siamo intrufolati per digerire l’abbondante cena. Siamo crollati nuovamente molto presto, carichi per la tappa del giorno dopo, per l’arrivo in Cambogia.
Non è facile descrivere le tante cose accadute cosi come non è facile descrivere la sensazione dell’addormentarsi per affrontare una tappa. Quel torpore con cui crolli nel letto sussurrando le ultime parole della giornata senza neanche riuscire a dare la buonanotte perché gli occhi si fanno pesanti e la mente vola gia al giorno dopo.
Per non parlare di quella sensazione terribile della sveglia alle 5.30 che dura pochi attimi perchè sopraggiunta subito dalla voglia di partire e di scoprire. Quella carica improvvisa che ti mette in sella e quella sintonia meravigliosa che si crea in una squadra.
Pronti per la conquista della Cambogia ci siamo incamminati.
Ok, forse la sintonia psicologica è massima ma quella ciclistica é ancora da assettare.
Abbiamo:
Filippo allenato, energico ed abituato ai ritmi del viaggio.
Claudia allenata, energica ed abituata ai ritmi del viaggio.
Simone follemente allenato, follemente energico e non abituato ai ritmi di un viaggio.
Trovare un ritmo comune in 3 con un livello del tutto diverso non è affatto facile, una bella scommessa che quando sarà portata a termine ci darà una gran bella soddisfazione. Intanto, inseguo 😝
Ma torniamo alla strada. Tutte le informazioni dicevano che su TUTTI i punti di confine del Vietnam emettono visto per la Cambogia, forti di queste informazioni e memori della giornata prima e dell’errore di percorso abbiamo mantenuto l’itinerario previsto fin dall’inizio. Ci sono due confini a distanza di 50 km ma con vari fiumi e canali nel mezzo. Comunque, cominciamo a pedalare, ci immergiamo in una strada spettacolare, piena di bananeti e frutteti, risaie (penserete: niente di nuovo beh, le stesse cose ma in forma diversa) complice l’assenza di colline in lontananza e complice l’alternarsi di strade strette e poche trafficate e strade larghe e caotiche ci siamo esaltati. Ma, ancora meglio, gli ultimi 20 km prima del confine.
Sopratutto quando stanchi e sfiancati dal vento contrario ci siamo avvicinati ad un confine che sembrava tutt’altro che un confine, sopratutto quando il simpatico poliziotto seduto dietro un banchino malconcio ci ha fatto quel gesto..il solito..quella manina maledetta alzata in aria e tremolante e quella vocina che ripete senza motivo: ‘oh noooo’ ‘oh noooo’
Dopo la prima risata generale, che lui chiaramente non ha capito, lo sconforto.
Si, il confine era li, di lá dal fiume ma non per noi stranieri. Strada sbagliata.
Io sono andata in crisi di fame isterica e mi sono avventata sul primo pacco di biscotti presenti nel villaggio, Filippo ha iniziato ad inventare soluzioni astruse insieme a Simone come per esempio attraversare illegalmente il confine nuotando nel canale.
L’errore ci è costato una deviazione di ben 30 km ed una lotta contro il tempo perchè dall’anticipo ci siamo ritrovati vicino all’orario di chiusura degli uffici.
Panico. Da 90 km ormai quasi portati a termine la tappa è diventata infinita.
L’idea: “Leghiamo la Claudia alla bici di uno di noi e trainiamola’ 😌
Ho provato a desistere ma sapevo che non ce l’avrei fatta e per 10 km fino ad un traghetto che ci avrebbe avvicinato al confine mi sono fatta trascinare ad una velocita di 30 km orari da Simo. Follia ma necessaria. Divertente quanto strenuante..ok forse più per lui.
Il riposo mi ha fatto recuperare per poter affrontare i successivi 10 km che poi sono diventati stranamente 30.
Un errore che ci è costato fatica e sudore ma ci ha regalato un pezzo di Vietnam nuovo anche per me e Filippo.
Chiaramente sterrato, per avere tutti i tipi di intoppi possibili. Una straducola lungo un canale stupefacente. Umore recuperato che ci ha permesso di arrivare al confine e sentirci dire di nuovo quel maledetto : ‘oh noooo’
L’ennesima manina scossa, l’unico paese in cui l’ufficio con il timbro non è sul confine!!
Abbiamo deciso che chiederemo beneficienza per Natale con il motto: ‘dotiamo il Vietnam di timbri’.
Beh, l’ufficio è una barca galleggiante con un bar ed una stanzina con il TIMBRO.
Abbiamo timbrato e siamo tornati al confine ormai alla frutta. Siamo arrivati 50 metri piu avanti sotto la bandiera della Cambogia ed abbiamo deciso di estendere la beneficienza anche alla Cambogia. Niente timbro.
Siamo stati scortati da un ‘picciotto’, credetemi aveva l’aria di picciotto, per almeno 3 km di sterrato in un posto che sembrava una casa privata ma in realtá era l’ufficio visti. Ci hanno fatto sedere tutti e tre sotto un porticato ed un simpatico ragazzo che si è rivestito al nostro arrivo ha tirato fuori da una borsa IL TIMBRO..eccolo..finalmente quel maledetto timbro.
Un posto surreale, una tappa surreale. Troppo tardi per mettersi in cammino e troppo sfiancati..unica soluzione..campeggiare..chissa dove e chissa come.
Questo arrivo in Cambogia ha avuto un sapore tutto suo.
In tre e non piu in due significa un emozione triplicata, un entusiasmo triplicato.
Beh, se dalla presentazione si capisce qualcosa vi assicuriamo che questo paese ci riporta ad un mondo diverso dal nostro, diverso dal Vietnam e carico di qualche strana energia che cercheremo di cogliere a pieno.
Vi saluto cosi, senza sapere della nostra nottata..senza raccontarvi come abbiamo scampato la notte..
Vi dico solo che Simone non ha portato il materassino per la tenda e si è presentato con l’autan quasi finito..
Claudia, Filippo e Simone
Grandi!!!!!!!!!!!
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Lunga vita alla burocrazia vietnamita! Che il TIMBRO con in chiostro simpatico vi protegga sempre. Anche io ne so qualcosa!
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Come si dice…l’hai voluta la bicicletta…
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