Mikindani-Lindi-95 km / Lindi-Ruhwa-55 km / Ruhwa-Nangurukuru-110 km

Filippo si sente in forma e contro ogni parere decide di buttarsi in una tappa alquanto impegnativa. Ci svegliamo e partiamo salutando il nostro amico Harry, che in maniera davvero simpatica ha allietato la nostra cena della sera prima, dirigendoci verso la famosa Lindi. Non sappiamo bene se ce la faremo, i chilometri sono 94 circa  e da qui in avanti ci troveremo sempre a lottare con Dio Eolo che, indispettito dalle nostre accuse precedenti di aver preso ferie costringendoci ad un caldo afoso, ha deciso di punirci promettendoci un vento da nord costante, impertinente ed insistente a 40 km/h. Il vento é il peggior nemico. Pedaliamo senza sosta, per la prima volta vediamo una Claudia trainante nel vero senso della parola ed un Filippo leggermente in affanno. Non affanno vero e proprio, una fiacchezza pesante. Probabilmente i Km sono troppi, ma non abbiamo molte alternative. Arriviamo a Lindi visibilmente provati e ci dirigiamo subito nel primo hotel per riposare. Lindi non offre granché a livello storico-architettonico, nonostante fosse uno dei luoghi più importanti nel XIX secolo prima addirittura della capitale Dar es Salam ma, se non la cittá, il paesaggio tutto intorno é qualcosa di unico. Infatti, la citta si trova su un “creek” ovvero una insenatura del mare del tutto ricoperta di mangrovie che approfittano dell’alta marea per sopravvivere. Ma non stiamo parlando di un grande mangrovieto, stiamo parlando di chilometri e chilometri di mangrovieto, con colline sinuose che lo attraversano e danno movimento ad un panorama incredibile. Un’orizzonte diverso dal solito che con i colori del tramonto rende la sonnolenta e banale Lindi parecchio più interessante. Ci aspetta un’altra tappa difficile ma vista la passata, dubitiamo di riuscire. Partiamo tardi causa pioggia e dopo una estenuante lotta con il vento e le salite, a soli 55 km decidiamo di arrenderci alla stanchezza e cerchiamo di arrivare al primo villaggio. Ecco che arriva il riscatto a tutte le fatiche, saliamo sopra una vetta e davanti a noi una baia bellissima, sabbia bianca e mangrovie, acqua celeste, imperdibile. Nessuna guida ne parla, non abbiamo idea di dove ci troviamo ne come si chiami, sappiamo soltanto che buttarsi nell’acqua calda dell’oceano e crollare sulla sabbia bianca di questo paradiso é l’unica cosa da dover fare, non ci pensiamo due volte. Inutile qualsiasi commento, le foto parlano da sole. Ripartiamo contro voglia ma consapevoli che il sole sta per calare e non sappiamo ancora dove dormiremo. Dopo una 30ina di chilometri, arriviamo ad un villaggio e con tanta fortuna troviamo una dolcissima Fatima che ci apre le porte di casa con estrema facilita offrendoci un pavimento su cui poter sistemare i nostri materassini, la nostra zanzariera, un bagno (se cosi possiamo definirlo) ed un fuoco su cui poter cucinare qualcosa: cosa sperare di piú? Ci docciamo, ci riposiamo mangiando come aperitivo delle strepitose “samusa” (pasta fritta con dentro varie possibili combinazioni, pollo o carne in generale in questo caso patate). Tutto intorno il solito capannello di persone, noi seduti su una lisa stuoia di paglia, che incredibilmente sembra la cosa piu comoda del mondo, e ci godiamo l’ora del tramonto con la famiglia di Fatima, tra cui l’amorevole nonno mohamed, e quel rumore del vento costante tra le frasche che rende tutto piú magico. Cala il buio, quello vero, quello per cui riesci ad abituare lo sguardo soltanto dopo un pó di ore, quello africano in cui non vedi niente ma sai di essere  circondato da presenze che si salutano, camminano, bisbigliano, chiaccherano si muovono e vivono nel bui come se ci fosse la luce..noi con loro, eccitante. Decidiamo di cucinare la pasta all’olio, abbiamo ancora la nostra mitica Buitoni, che ve lo diciamo a fare, buonissima. L’indomani ci alziamo alle 5:45 e troviamo ad aspettarci “l’uomo del miele”. Ci hanno sentito la sera prima chiedere del miele e così ce lo hanno procurato..ma non pensate al miele bello e luccicante delle nostre confezioni, ci ha portato le api con l’alveare spezzettato chiuso dentro un secchio. Cosi, ci ritroviamo ad assistere alla preparazione del miele, l’uomo del miele afferra l’alveare ed inizia, circondato da api che si divertono a poggiarsi su di lui e perché no a pungerlo, a strizzarlo con le mani nude per ottenere il prodotto finale. Ci prepara mezzo litro di miele, qualche ape spiaccicata e qualche residuo troppo grosso ma senza dubbio uno dei mieli più appetitosi mai trovati. Questo darà la carica a Filippo nei momenti di calo di energia. Partiamo il prima possibile sperando di ingannare Eolo, ma il giochino non funziona e ci troviamo di nuovo a lottare con un vento davvero inaffrontabile. Avete mai provato a camminare con un vento contro di 40km/h? Per spiegare l’effetto immaginate quando in auto mettete la mano fuori dal finestrino per giocare con il vento e disegnare le onde del mare..ecco immaginate di dover affrontare quel vento in bicicletta e con 35 kg di borse attaccate addosso. Siamo spolpati, Filippo si sente sempre meglio, ma é ancora troppo presto e la nostra voglia di andare non può scordarsi che la sconfitta della malaria risale ancora a troppi pochi giorni fa. Domani urge uno stop. Arriviamo a Nangurukuru, piccolo villaggio su uno svincolo importante. Domani ci riposeremo, andremo a  visitare Kilwa Masoko, pare sia una meraviglia, ma abbandoneremo le biciclette in hotel. Recuperiamo e ripartiamo. Buona serata a tutti.

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